Lettera del segretario Pri a Monti Lettera inviata dal segretario nazionale Pri, on. Francesco Nucara, al Presidente del Consiglio, Prof. Mario Monti, 19 novembre 2012 Egregio Presidente, Le ho inviato una prima lettera subito dopo il Suo insediamento alla guida del governo italiano; ritengo opportuno, sempre a nome del Pri, farLe pervenire, nel momento in cui inizia la fase conclusiva (per effetto fisiologico del completamento della legislatura) del Suo impegno di Presidente del Consiglio, queste ulteriori considerazioni, svolte durante gli organi ufficiali del mio partito. La Sua opera, in questo periodo di tempo, è stata estremamente incisiva e proficua per l’Italia, sia nei rapporti internazionali, che nella gestione della politica interna. In appena un anno Lei ha dato risposte legislative significative a questioni e problemi che il Paese si trascinava da tempo immemore: penso alla riforma previdenziale, a quella del lavoro, al primo concreto intervento sull’assetto istituzionale, con la riflessione, ancora parziale e non completamente esaustiva, sull’abolizione delle province, alla legge anticorruzione, ad altri provvedimenti che ora non indico per economia di spazio. Ma soprattutto significativo è stato il Suo impegno per conseguire l’obiettivo del concreto (ed auspicabilmente duraturo) equilibrio dei conti pubblici nazionali. In sostanza Lei ha portato il Paese, dall’orlo del precipizio in cui si trovava, in una zona protetta (non ancora quindi di sicurezza), dalla quale procedere per raggiungere una prospettiva di equilibrio sociale, di crescita economica, di trasformazione e rinnovamento del sistema politico ed istituzionale dell’Italia. Notiamo con preoccupazione che l’ormai prossimo appuntamento elettorale rende più ardua e più contrastata la Sua azione di governo; ne è palese evidenza il tormentato e contestato (non solo da parte dell’opposizione) iter parlamentare della legge di stabilità, documento essenziale ed impegnativo per le prospettive della nostra comunità. Gli egoismi corporativi e la insufficiente percezione della perdurante gravità e delicatezza della crisi del Paese, da parte di alcune forze politiche e sociali, rappresentano, ancora, un serio ostacolo al progetto di risanamento strutturale del sistema politico, economico e finanziario dell’Italia. Tutto ciò pone, in prospettiva, la questione centrale e decisiva: a quali condizioni politico-programmatiche l’Italia può conseguire l’obiettivo della stabile e riconosciuta posizione di Nazione di prima grandezza nello scenario europeo, che la ritrovata fragile autorevolezza attuale ci indica come possibile obiettivo? Per una tale impresa, di grande portata per il futuro e la prospettiva dell’Italia, sono indispensabili l’adesione ed il coinvolgimento delle migliori energie umane di cui essa dispone. Purtroppo la realtà ci dice che l’Italia e gli italiani raramente sono stati "educati" dai loro governanti, salvo le eccezioni rappresentate da Ugo La Malfa (ricordiamo la Caporetto economica e l’epiteto di Cassandra), da Giovanni Spadolini (ed in genere dall’azione politica del Pri) che vollero conoscere e comprendere compiutamente la reale situazione congiunturale del proprio Paese. Evidenziando gli effetti recessivi dei provvedimenti assunti dal Governo, Lei ha compiuto un atto di estrema importanza, di forte innovazione del sistema politico. Peraltro, quelli da Lei varati erano i soli interventi proponibili, stante la situazione di vincoli e di disponibilità del momento, per contrastare rapidamente la crisi sempre più incombente. In una situazione analoga, negli anni trascorsi, la Germania, anche con un governo a guida socialista, mise in atto provvedimenti molto simili, che provocarono gli stessi effetti recessivi, ma che crearono i presupposti solidi e duraturi che hanno consentito, con l’attuazione delle politiche di innovazione, ricerca e sviluppo, i brillanti risultati ancora in atto in quel Paese. E’ tanta la strada che l’Italia deve ancora percorrere per riaffermare e consolidare la propria volontà, oggi in fase di maturazione, di attestarsi come Nazione industriale, moderna ed occidentale. A questa incresciosa realtà si contrappone una proposta-protesta che alimenta i sentimenti negativi ed anti sistema, che non possono non destare inquietudine, ma che nel contempo devono fare adeguatamente riflettere sulle cause che le alimentano in modo così consistente e preoccupante. Il Pri, partito delle istituzioni, ha individuato una risposta politico-istituzionale in un governo (per la prossima legislatura), che abbia come impegno e forte riferimento operativo la stabilizzazione strutturale e definitiva della finanza pubblica, la competitività e la crescita, il rinnovamento dell’assetto istituzionale e delle competenze dello Stato e della pubblica amministrazione in senso lato. Queste opzioni, per garantire credibilità e coerenza di azione, necessitano che il governo abbia un’accentuata caratura politica, scaturita da un forte e vincolante mandato elettorale; che abbia una guida autorevole, caratterizzata da una grande sensibilità e consapevolezza politica, coniugata con la peculiarità di uomo di Stato, che noi identifichiamo nella sua Persona; e che abbia come base parlamentare quei partiti che intendono riconoscersi esplicitamente ed elettoralmente in tali formulazioni. Inoltre, in coerenza con la nostra identità di Partito dei contenuti, ci proponiamo di ricordare ed evidenziare i temi programmatici delle nostre tesi congressuali, che abbiamo consegnato al presidente della Repubblica ed a Lei al momento delle rispettive consultazioni per la formazione del governo ora in carica; nonché i 10 punti di operatività governativa comunicatole con la mia lettera del 14/12/2011. Gli ulteriori approfondimenti programmatici del Pri toccano alcuni aspetti sistemici della crisi strutturale del nostro Paese, e che riguardano l’approccio alla riduzione strutturale della spesa pubblica, l’ammontare della spesa degli enti locali e delle loro articolazioni operative, la reindustrializzazione del Paese, la riforma finanziaria e organizzativa delle strutture sanitarie pubbliche. Indichiamo di seguito, per ognuno di questi argomenti, gli aspetti più rilevanti delle nostre riflessioni. A) La drastica riduzione della spesa pubblica, che è la vera ed efficace fonte per ridurre in modo apprezzabile il peso fiscale, ormai insostenibile, non può essere conseguita con i metodi sino ad ora dispiegati, perché inadeguati a rompere e superare le incrostazioni strutturali e le pastoie corporative che hanno ostacolato e impediranno sempre più la pur apprezzabile opera messa in atto dal governo. E’ necessario un approccio più sistematico, che metta in discussione, attraverso lo strumento dello "Zero Based Budget", l’intera complessa questione della spesa pubblica come attualmente delineata dalle voci del bilancio dello Stato, che sostanzialmente risalgono per molti aspetti all’inizio del secolo scorso, ridisegnando un più ridotto perimetro di competenza, in alternativa alle ipotesi del principio di sussidiarietà. Della possibilità dell’utilizzo di questa tecnica, ha anche parlato il vicedirettore generale della Banca d’Italia, dottor Daniele Franco, in una audizione del 2012 al Parlamento. B) La spesa complessiva degli enti locali appare sempre più fuori controllo. Infatti alla riduzione dei trasferimenti dallo Stato, gli stessi hanno reagito non riducendo le loro spese, o almeno rendendole più efficienti, bensì aumentando il carico fiscale di loro competenza sui contribuenti, o addirittura aumentando, in violazione della normativa vigente, il deficit di gestione, i cui effetti si sono concretizzati nell’abnorme aumento del debito( emerso e non) di loro competenza. Stime plausibili indicano un possibile debito consolidato (reale ed occulto) del complesso degli enti locali pari a circa due punti di Pil. Appare subito evidente la drammaticità della situazione, che va urgentemente governata, con una nuova normativa repressiva anche nei confronti degli amministratori pubblici, analoga a quella delle aziende private, e con l’indicazione di una commissione parlamentare d’inchiesta, che faccia emergere compiutamente gli impegni passivi complessivi, oggi non del tutto conosciuti. C) L’obiettivo di una reindustrializzazione del Paese può prendere lo spunto da una questione precisa: perché le auto vendute nel territorio nazionale con il marchio Fiat sono superiori al numero delle vetture prodotte in Italia dall’industria torinese; dato questo che non ha riscontro in Francia e in Germania? Per invertire il fenomeno e per valutare la possibilità del rientro nei confini nazionali di tutte quelle imprese che hanno dato vita ad un processo di delocalizzazione, impoverendo così la nostra struttura occupazionale e scaricando sulla collettività i costi sociali conseguenti, sarebbe utile la individuazione di una commissione per lo sviluppo industriale del Paese, con le caratteristiche della commissione per la programmazione nazionale ideata da Ugo La Malfa nel 1962; quindi con la composizione peculiare a suo tempo ideata dall’allora Ministro del Bilancio. La commissione ipotizzata dovrebbe indicare le condizioni concrete per conseguire l’obiettivo del rientro degli stabilimenti in precedenza delocalizzati e per l’allineamento del costo del lavoro per unità di prodotto (CLUP) ai valori riscontrati nei paesi nostri competitori, ed in particolare in Germania. D) La riforma finanziaria ed organizzativa delle strutture sanitarie pubbliche è una inderogabile necessità, per correggere l’attuale negativa indicazione del rapporto costi/ benefici nell’erogazione delle prestazioni sanitarie. La nostra proposta in merito postula la preliminare cessione dei pacchetti azionari di alcuni istituti di credito e aziende bancarie che le fondazioni, al momento, detengono nel loro patrimonio. Le risorse finanziarie ottenibili potrebbero, efficacemente, essere impiegate dalle fondazioni per l’acquisto delle strutture sanitarie di proprietà delle varie regioni. Tale intervento dovrebbe avvenire secondo un preventivo piano nazionale di accorpamenti delle strutture in questione, al fine di realizzare "moduli" omogenei dal punto di vista finanziario; ma anche con un’importante possibilità di ottimizzazione gestionale dei moduli stessi, attraverso la messa in comune di risorse tecniche, know-how, esperienze professionali ed umane; elementi questi che consentirebbero un utilizzo più intenso e più efficace rispetto agli attuali standard in atto nelle strutture sanitarie pubbliche. Si conseguirebbero, con questa iniziativa, diversi obiettivi: intervenire in modo significativo sul pesante debito delle regioni, realizzare un sistema efficace ed economico di gestione della rete ospedaliera pubblica (con ricadute sul sistema sanitario nazionale), spostare il raggio di azione delle fondazioni verso un campo più consono alle finalità sociali delle stesse, come, peraltro, avviene in tutti i paesi occidentali. Inoltre, si darebbe attuazione alla normativa in atto che indica una graduale fuoriuscita delle fondazioni dal capitale delle banche. Le risorse finanziarie che entrerebbero in gioco potrebbero ammontare a circa 50 miliardi di euro (oltre tre punti di Pil): tanto sembrerebbe essere il valore delle partecipazioni bancarie nei portafogli delle fondazioni; risorse che verrebbero impiegate per l’acquisizione e per l’attuazione di consistenti piani di investimento ed ammodernamento delle strutture sanitarie, oggetto dell’acquisizione. Il governatore della Banca d’Italia, il dottor Visco, al quale abbiamo inviato le linee sintetiche di questa riflessione (stante la peculiarità della problematica in questione), in una sua risposta molto cortese, non ci ha evidenziato controindicazioni di ordine generale e/o di principio. In conclusione, il nostro impegno è finalizzato alla messa a punto di una proposta politico-programmatica utile alle prospettive del Paese, che intendiamo anche presentare alla prossima "Costituente Repubblicana Liberal-democratica". In attesa di poterLa incontrare, colgo l’occasione per inviarLe cordiali saluti. Francesco Nucara |